Si fa presto a dire “web radio”
Il copyleft si sa, offre nuovi spunti ma vediamo se sono sempre funzionali. Ho chiesto a Fabio Germani di scrivere sulla sua esperienza in web radio.
di Fabio Germani
Sarò sincero: non è facile scrivere un articolo sulle web radio scindendo la propria esperienza da quelle – alcune ottime, altre meno – che circolano in Rete. Perciò parto dalla fine, che poi è l’inizio.
Chiunque abbia intenzione di aprire una web radio al solo scopo di proporre musica – soprattutto se musica mainstream il cui ascolto risulta già abbastanza inflazionato – e confida in un improbabile successo per il solo motivo di “esserci”, allora impieghi il proprio tempo in altro. In qualcosa di più innovativo, almeno.
Spesso i progetti nascono amatoriali, ma nutrono ambizioni professionali. È l’innovazione il motore di questo passaggio. Se viene meno tale peculiarità è inutile proseguire. Negli Stati Uniti esistevano web radio di largo consenso quando da noi si discettava sul peso dei blog. Oggi tendiamo a interrogarci ancora sull’importanza dei social network durante una campagna elettorale non comprendendo quale potenziale enorme celi la Rete. A patto che ci si riesca a stare davvero.
FutuRadio Web è un progetto nato nel 2009 e sospeso nel 2011 per ragioni di opportunità. Per la serie: con la gloria non si mangia. Ciò non vuol dire che non riprenderemo più le trasmissioni – io, Fabrizio e DannyBoy –, ma più semplicemente che prima di ricominciare vorremmo individuare un modello di business che faccia al caso nostro. Ed ecco che torna in auge l’innovazione.
Provo a spiegarmi meglio con qualche esempio. Pandora è un progetto radiofonico statunitense che raggruppa dj, speaker e musicisti. Si possono creare canali radio, in modalità gratuita e non, con cui trasmettere musica. Un po’ come avviene con il più recente (e tutto italiano) Spreaker.com. Facendo un giro su quest’ultimo ci si accorge di come molti utenti si limitino a caricare della musica (purché sia originale, ai diritti pensa direttamente lo staff della piattaforma) permettendone la fruizione agli utenti, a che pro è difficile a dirsi. Di innovativo, dunque, ci sono giusto i servizi. Meno ciò che viene promosso all’interno di essi.
Se c’è una cosa che la Rete concede a tutti è la possibilità di farsi conoscere. Ma essere online non basta: ci vuole tempo, dedizione al lavoro e spirito di sacrificio. Occorrono ricerche, scoperte di band emergenti valide e meritevoli di una promozione adeguata. FutuRadio Web era strutturata in questo modo: passaggi musicali nelle fasce orarie di programmazione, interviste scritte e pubblicate sul nostro sito, interventi radiofonici degli artisti durante le trasmissioni in voce. Che tradotto in altri termini vuol dire offrire ai potenziali ascoltatori una seria alternativa alla scena mainstream. Ma anche questo può risultare insufficiente, lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle. La radio predilige(va) gli artisti che pubblicano le proprie opere in licenze Creative Commons abbattendo non indifferenti costi intermedi (cioè tralasciando quelli della strumentazione). Tante erano le richieste di rotazione musicale, appaganti erano gli ascolti. Ma un progetto amatoriale resterà tale fintanto che non ci si muoverà per renderlo commerciale con un incremento di spese previsto dalla modifica della ragione sociale. Anche pochi sponsor, tanto per rendere un’idea, potrebbero non bastare a coprire tutte le voci.
Quindi meglio lasciar perdere? Dipende, sono scelte. Se si ha la possibilità di proseguire imperterriti può senz’altro valerne la pena. Se si trovano persone disposte a finanziare il progetto ben vengano liquidi e investitori. Ma è l’innovazione il motore di tutto. Rendere in proprio uno status già ampiamente consolidato è un mero esercizio di scuola. Fine a se stesso e poco più.
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la risposta di Fabrizio Mondo
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